Da dove viene la passione per everesting? Come hai iniziato a sfidarti su questa disciplina così particolare?
La passione per l’everesting nasce un po’ per caso, durante un allenamento stavo salendo verso i piani dell’Avaro in alta val Brembana, e lungo la salita ho incontro un ciclista che mi ha raccontato di questa sfida pazzesca. Al momento ero incredulo e non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile fare una cosa del genere, pensavo ad uso scherzo. Rientrato dall’allenamento ho subito iniziato a documentarmi a riguardo e ho scoperto che era tutto vero. Quello che al momento mi sembrava una follia completa è diventata una grande passione. Partendo dalla salita della Roncola, passando per Valcava, per poi proseguire con le celeberrime Montecampione e Zoncolan, di everesting ne ho fatti parecchi in questi anni.
Piano piano questa disciplina ha preso piede un po’ in tutta Italia e ora è una sfida che coinvolge davvero parecchi ciclisti.
Alla fine del primo lockdown, alla riapertura di Bergamo che è stata la città maggiormente colpita dalla prima ondata di Covid, hai svolto l’everesting facendo su e giù da Città Alta. Che emozioni hai provato? Raccontaci come è andata.
Si, l’everesting in Città Alta lo ricordo ancora benissimo, è stata un’emozione indescrivibile dall’inizio alla fine. Avevo in mente già da tempo di fare un everesting lungo le mura perché per un bergamasco Città Alta è una seconda casa e io ne sono particolarmente affezionato. Non appena usciti dal primo periodo di lockdown ho deciso che dovevo provare a farlo proprio lì, lungo le mura di Città Alta salendo fino a San Vigilio, volevo cercare di dimenticare quei mesi che per noi bergamaschi sono stati terribili. Ho cercato di coinvolgere quante più persone possibili in questa avventura, è stato un modo per provare a ripartire. Chiaramente non è stato semplice portare a termine l’Everesting perché ripetere 36 volte lo strappo in ciottolato di San Vigilio non è una passeggiata, ho pedalato praticamente per 20 ore, ho avuto il supporto di tanti ciclisti e persino dei passanti che ad un certo punto hanno capito cosa stavo facendo e hanno iniziato ad accompagnarmi in questa avventura. Giornata indimenticabile davvero, mi emoziono ancora oggi.
Simone Bonzanni
Nel 2019 hai vinto il campionato italiano per ciclisti diabetici. Cosa comporta questa patologia nella tua quotidianità?
Il diabete è una patologia che mi accompagna da quando avevo 10 anni, essenzialmente il corpo non produce più insulina e per sopperire a questa mancanza la devo iniettare continuamente tramite una pompa dosatrice chiamata microinfusore, fortunatamente la tecnologia negli ultimi anni ci sta aiutando molto nella cura. Uno delle migliori medicine per curare questa patologia è lo sport, la bicicletta per esempio è fantastica, mi aiuta tantissimo. Bisogna sempre stare molto attenti e dosare l’insulina nel modo corretto, né troppa né poca, non è semplice ma se si impara a conoscere bene il proprio corpo si riescono ad ottenere degli ottimi risultati. Il campionato italiano è servito molto per portare avanti questo messaggio di sensibilizzazione, sono veramente molti i bambini che ogni anno esordiscono con questa patologia ed è importante far sapere soprattutto a loro che si può fare sport e lo si può fare ad un buon livello.
Simone Bonzanni
Nel giugno scorso hai pedalato dalla sede di Trek Italia di Bergamo fino ad Alagna Valsesia, per poi raggiungere scalando la vetta del Monte Rosa. Cosa ti ha portato a provare questa sfida? Che sensazioni hai provato una volta arrivato in cima?
Bergamo – Monte Rosa è stato proprio un sogno che si realizza, una gioia indescrivibile, arrivati in vetta non mi sembrava vero!
La passione per la montagna me la porto dentro da sempre, salire il Rosa era un pallino che mi girava per la testa già da qualche anno, ho pensato che per raggiungere la vetta dovevo utilizzare come unico mezzo di propulsione le gambe, bici più scalata. L’idea che sta alla base di questa avventura è quella di sensibilizzare le persone nei confronti dell’utilizzo dei mezzi a motore, è un tema quanto mai attuale, credo che sensibilizzare tutte le persone che vanno in montagna sia importante, a mio parere le istituzioni come il CAI e le comunità montane dovrebbero fare di più su questi temi. Sul Rosa non ero solo, un grande amico, Davide Regazzoni ha condiviso con me questa avventura. Siamo partiti il giorno del nostro compleanno, l’1 luglio, il Garmin a fine giornata segnava 400km in bici, 35km a piedi e un dislivello di 7000m. Il giorno della salita siamo stati molto fortunati, in vetta alla Punta Gniffetti è posizionato il rifugio più alto d’Europa a 4556m, il tempo era perfetto, non una nuvola, pochissimo vento e una temperatura accettabile (-5°C), visibilità pazzesca su tutto l’arco alpino. Direi il più bel regalo di compleanno che potessimo farci, credo sia stata una delle più belle avventure che ho avuto la fortuna di portare a termine.
Che differenze ci sono tra pedalare in salita e camminare in montagna? Cosa preferisci tra le due attività?
A livello atletico sono due attività abbastanza diverse, soprattutto perché coinvolgono fasce muscolari diverse, quest’anno infatti mi sono allenato anche sulla corsa per poter salire il Rosa. La fatica è la stessa e sinceramente a me piace questa sensazione, quindi mi piacciono in ugual modo entrambe le attività, le apprezzo davvero molto perché mi danno la possibilità di esplorare nuovi posti e vedere paesaggi unici con velocità diverse. Sia a piedi che su due ruote sento un’incredibile sensazione di libertà, probabilmente è proprio per questo che mi piacciono così tanto.
Preferisci pedalare solo o in compagnia?
Dipende, tante volte pedalo da solo perché fare fatica in silenzio fa bene al corpo e all’anima. Le più belle giornate passate sui pedali sono sicuramente quelle in compagnia, fortunatamente qui a Bergamo ci sono tantissimi ciclisti e organizzare delle pedalate in gruppo è molto semplice.
Che progetti hai per il futuro?
In futuro mi piacerebbe continuare a portare avanti il #biketomountain, soprattutto perché credo sia estremamente importante sensibilizzare le persone su questa tematica. Considerando che sono un sognatore e mi piace sognare in grande, chissà se riuscirò a salire anche il monte Bianco nello stesso stile del Rosa.
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