Antonio Tiberi alla Vuelta: le emozioni del debuttante Il giovane talento della Trek-Segafredo sta affrontando il primo grande giro della sua giovane carriera

Antonio Tiberi alla Vuelta: le emozioni del debuttante Il giovane talento della Trek-Segafredo sta affrontando il primo grande giro della sua giovane carriera

GP Industria & Artigianato Larciano 2022 - photo Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2022

Eccoci alla Vuelta a Espana, il tuo primo grande giro. Che emozioni porti dentro?

Metterle in fila tutte non è facile. A dicembre, quando ho saputo di avere un Grande Giro nel mio calendario, ero molto soddisfatto. Lo aspettavo, lo volevo. Man mano i mesi passavano, l’attesa cresceva così come l’entusiasmo. Per un corridore il primo grande giro della carriera è un traguardo importante, uno step fondamentale per crescere. A Utrecht, a pochi giorni dal debutto, letteralmente non vedevo l’ora di partire. Era un modo anche per “scacciare” un po’ di insicurezza che, non lo nascondo, iniziavo a sentire. Tre settimane sono lunghe, difficili e imprevedibili. Dirsi pronto per la sfida al 100% non è facile, ero ma sono altresì consapevole di aver fatto tutto al meglio per affrontarla.

Che ambizioni hai per la Vuelta a Espana?

Ho i piedi ben piantati a terra e, nella mia testa, l’unico vero obiettivo è arrivare fino in fondo, a Madrid. Abbiamo una squadra competitiva, un capitano come Mads da aiutare e una stella nascente come Juanpe che merita altrettanto supporto. Voglio fare esperienza lavorando per la squadra. Poi, se nelle prossime due settimane ci sarà la chance e le gambe per essere davanti, ci proverò.

Come ti sei preparato, mentalmente e fisicamente?

In questi mesi, e nelle ultime settimane in particolare, mentalmente mi sono focalizzato sul… non pensarci troppo. Può sembrare un controsenso, ma credo sia stato il modo migliore per non crearmi pressioni e aspettative, per arrivare all’appuntamento fresco e sereno. Josu, il mio coach, mi ha ripetuto sempre che l’obiettivo è fare esperienza. Tutto ciò che arriva dopo, è in più. E’ un approccio che ha alleggerito la tensione.
Fisicamente, invece, la preparazione è stata più mirata. Ho fatto un ritiro in altura a inizio luglio e poi ho corso il Tour de Pologne per rifinire la condizione. E’ stato un mix di endurance e lavori per migliorare la brillantezza, a cui si è aggiunto qualche allenamento specifico per la cronometro.

Pochi mesi fa è arrivata anche la tua prima vittoria da prof. Quanto l’aspettavi e senti che qualcosa sia cambiato in te?

L’aspettavo e la volevo tanto. Il mio anno da prof, il 2021, è stato un continuo di alti e bassi. Non trovavo una costanza di rendimento tale da poter fissare obiettivi concreti in gara. Quest’anno invece il feeling è stato diverso fin da subito. Da gennaio sentivo di crescere, migliorare. Vincere è diventato un obiettivo e averlo raggiunto, al Tour of Hungary, è stata come una liberazione. Il vero cambiamento è stato nella fiducia in me stesso.

Tour de Hongrie 2022 - photo Szymon Gruchalski/SprintCyclingAgency©2022

Vuelta Espana 2022 - photo Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Vuelta Espana 2022 - photo Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Tour de Pologne 2022 - photo Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2022

Quale è il tuo bilancio rispetto alle aspettative che avevi quando sei passato prof?

Direi abbastanza buono il 2021 e più che buono, finora, il 2022. L’anno scorso affrontavo le gare con l’aspettativa di essere all’altezza della categoria, di sentirmi al pari dei colleghi professionisti. A 20 anni, il confronto con gente che ha 5 o 10 anni più di te è una sfida notevole. In qualche momento è stata difficile, ma è stato controbilanciato da risultati incoraggianti, come il podio nella classifica finale del Tour of Hungary. Quest’anno sento di aver fatto uno step, di esser cresciuto fisicamente e aver maturato esperienze importanti. Mi sono tolto il sassolino della vittoria e ora sono alla Vuelta. Sono contento di quel che sto facendo, anche in prospettiva futura.

Parliamo delle cronometro: ti ritieni uno specialista e quanto tempo dedichi agli allenamenti con la Trek Speed Concept?

La vittoria nel mondiale cronometro JR ha portato alla ribalta la mia propensione per la specialità. Però credo che l’etichetta di “specialista” non mi appartenga fino in fondo. Mi ritengo più che altro un corridore che si difende bene a cronometro, come è bene che sia per chi ambisce a essere competitivo nelle corse a tappe. Però, cosa importante, è una specialità che mi piace e cerco di dedicare il giusto tempo per non perdere il feeling, soprattutto per la posizione in sella. Solitamente mi alleno un paio di giorni a settimana con la Speed Concept.

In Italia sono in tanti a vederti come astro nascente del ciclismo nostrano. Come vivi questa aspettativa?

L’Italia ama il ciclismo e ha una lunga tradizione di campioni. E’ abbastanza normale, quando vinci nelle categorie giovanili, sentire voci esterne che ti indicano come colui che deve raccogliere il testimone. E’ stato così per tanti corridori. Per carattere e attitudine, alle pressioni cerco di dare il peso che meritano. Cerco di non farmi condizionare, di non pensarci oltremodo perché quello, secondo me, è ciò che porta a logorarsi. Lo prendo per quello che è: un complimento. Mi onora sentire certi paragoni. Sapere che c’è gente che crede in me è una iniezione di fiducia.

Chi ti ha portato ad essere un ciclista e a quale campione ti sei ispirato?

Mi sono avvicinato al ciclismo da solo, all’età di nove anni, e c’è un fatto ben impresso nella mia memoria. Mio padre, che da sempre ama la bici e pure correva, aveva una mountain bike con cui era solito allenarsi. Ogni volta che la vedevo pensavo che, per gareggiare, dovevo aspettare di crescere e poter usare quella. Un giorno, quasi per caso, vidi una corsa di giovanissimi e lì scatto la scintilla. Correre era diventato il mio chiodo fisso e volevo a tutti i costi una bici per entrare in una squadra, ma mio padre era reticente. Pochi mesi dopo mio zio pochi lo convinse e mi iscrisse ad una squadra vicino casa. Da lì è iniziato tutto.
Alberto Contador e Cadel Evans sono stati i primi corridori a impressionarmi, quando guardavo le corse in tv con papà. Nel mio percorso di crescita la mia ispirazione è stata Vincenzo Nibali. Essere in squadra con lui è stata una grande emozione.

Se potessi scegliere una corsa da vincere nella tua carriera, quale sarebbe?

Ho parecchi sogni nel cassetto. Credo che dopo questa Vuelta a Espana, però, potrei capire meglio se sognare più un grande giro o una classica. O, esagerando, entrambe…

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