Andrea Lanfri Abbiamo fatto due chiacchere con Andrea Lanfri atleta paralimpico e alpinista italiano.

Andrea Lanfri Abbiamo fatto due chiacchere con Andrea Lanfri atleta paralimpico e alpinista italiano.

photo: Ilaria Cariello

Partiamo dal 2019, ti trovi in Nepal, sulla Punta HIUNCHIULI, a 7.246 metri di altitudine. La maggior parte delle persone nel mondo non proverà mai un’emozione simile. E se ci descrivessi tu quelle sensazioni

Il 2019 è stato un anno ricco di conquiste e grandi obiettivi: prima i 6.300 metri del Vulcano Chimborazo in Ecuador, per finire con il progetto da me ribattezzato “Face to Face with Everest – Attacco al Nepal”. Un mese di avventura, con lo sguardo sempre ben fissato verso il progetto “Everest”. Per trenta giorni ho vissuto esclusivamente in tenda, affrontando temperature minime tra -5 e -20 gradi, per capire i miei limiti e come avrei gestito le protesi. Nessun italiano con pluri-amputazioni ha mai tentato una scalata sopra i 7.000 metri, sono stato il primo raggiungere questo obiettivo. Avevo una voglia matta di piantare una nuova bandiera e prendermi l’ennesima rivincita sulla meningite. E non vedevo l’ora di partire per la vetta! Ricordo la mia salita dal Campo 2, iniziata alle ore 2 del mattino del 26 ottobre 2019, ore intense e piene di concentrazione e fatica. Sono partito a passo lento e costante, stavo molto attento alla mia respirazione, non mi sono mai voltato indietro, ma lo sguardo era fisso verso la vetta. Quello era il momento di resistere, il momento dell’attesa, quello più difficile, ma anche quello più mistico ed inteso. Le ore che ci separavano dalla probabile vetta erano pochissime, ore potenti, dove anche i sogni più irrealizzabili erano ad un passo dal possibile. Il 26 ottobre all’alba la vetta era stata conquistata. In quel momento un’emozione unica ed un forte senso di soddisfazione personale mi hanno invaso.

 

Il fatto che rende questa impresa ancora più speciale è che tu non hai più le tue gambe, ma delle protesi. Raccontaci brevemente la tua storia.

Fin da bambino sono sempre stato vivace e pieno di interessi: la scuola, la montagna, lo sport. Qualche anno fa, nel 2015, ho avuto un piccolo intoppo, così mi piace definirlo… Meningite fulminante con sepsi meningococcica che mi ha portato via entrambe le gambe e sette dita delle mani. Prima di questa data ero un grande appassionato di montagna, mi piaceva di tutto: trekking, arrampicata e alpinismo. Mentre ero in ospedale, a scalare la vetta più difficile che si possa trovare, ero fortemente convinto che un giorno sarei tornato a fare le stesse cose di prima. E’ stato un periodo molto lungo e doloroso e dopo il risveglio dal coma, e in seguito alle varie amputazioni, dentro di me si è accesa una grande voglia di correre, una voglia senza ragione né logica, ma solamente di istinto, una sfida personale contro il “destino”, contro il batterio che voleva fermarmi. Per fare al batterio un dispetto più grande di quello che lui aveva fatto a me, un giorno pensai: “Non ho le gambe? Allora corro!”. Ed iniziai il mio percorso nell’atletica. La mia carriera sportiva e la mia nuova vita da atleta iniziarono solo grazie ad una raccolta fondi. Era il novembre 2015, quando moltissime persone sono intervenute da tutta Italia per aiutarmi a coronare il sogno di diventare un corridore. Grazie a loro ho potuto iniziare ad allenarmi e anche grazie a loro sono riuscito ad entrare a far parte della nazionale italiana di atletica leggera paralimpica, conquistando record, medaglie europee e un argento mondiale a Londra, oltre a raggiungere tanti altri traguardi importantissimi. Io ho messo fatica e sudore, e loro, ognuno di loro, con un piccolo contributo mi ha regalato la possibilità di provarci. Ma come dice il proverbio, “la fame viene mangiando”! Ho spostato il mio limite sempre più in alto, migliorando sempre di più. E sono tornate anche le giornate in montagna. Il mio obiettivo è sempre stato quello di tornare a fare le stese cose di prima, tornare nelle mie amate montagne. E cosi, nonostante tutto, dopo il mio ritiro nell’atletica la montagna è tornata prepotente nella mia vita.

photo: Ilaria Cariello

photo: Ilaria Cariello

Senti in parte di aver ricominciato a vivere grazie allo sport? Quanto è stato importante nella tua ripresa?

Ad oggi mi piace dire che lo sport mi ha salvato la vita due volte: la prima è stata proprio perché al mio ingresso in ospedale, il mio corpo era ben allenato e il mio stile di vita sano mi ha aiutato a passare il peggior periodo della mia vita; la seconda volta perché proprio grazie allo sport ho potuto intraprendere il mio percorso di riabilitazione in chiave diversa dal solito. E’ stato fondamentale quello stimolo sportivo che mi ha permesso di ripartire ed andare oltre.

photo: Ilaria Cariello

photo: Ilaria Cariello

Hai iniziato con la corsa e con la montagna, e poi è arrivata anche la bicicletta. Come ti sei avvicinato a questo mondo? È una passione che avevi già da tempo?

All’inizio di tutto il mio primo allenamento fu solamente riuscire a stare in piedi e muovere i primi passi con i miei “nuovi piedi”, le mie primissime protesi. Ma il passo successivo fu velocissimo, l’allenamento con le lame da corsa è diventato fin da subito il mio pane quotidiano. Quando ho lasciato l’atletica per tornare alla mia passione di montagna, e soprattutto quando ho iniziato a pensare ad alcune salite in quota impegnative, anche il mio allenamento è drasticamente cambiato. Non solo corsa in pista, ma anche corsa in montagna e anche tanta bicicletta soprattutto e preferibilmente in salita. Cosi, il mio nuovo coach inserì queste discipline insieme al nuoto ed alcuni esercizi di respirazione. E ad oggi posso vedere i grandi ed enormi benefici che questi allenamenti di resistenza mi hanno dato.

photo: Ilaria Cariello

photo: Ilaria Cariello

Sei anche l’ideatore del From 0 to 0. Come ti è venuta questa idea? Raccontaci di cosa si tratta.

Durante la primavera 2020 mi stavo allenando per il progetto più grande, l’Everest, purtroppo posticipato a causa dell’emergenza sanitaria. Giorno dopo giorno, le mie giornate si sono fatte sempre più variegate: al mattino mi allenavo in bicicletta, al pomeriggio corsa o montagna, cercando sempre di compiere molto dislivello positivo. Così ho cominciato a pensare ad un progetto che potesse unire tutte le mie passioni: la bici, la corsa, la montagna. Ed è nato “From 0 to 0”: ho modificato e intensificato i miei allenamenti, per rendere più completa la preparazione. Ho aggiunto la bicicletta, la corsa su strada, in montagna, soprattutto in salita, la corsa lunga, maratona e ultramaratona, nuoto ed esercizi di respirazione. Credo che il mio From 0 to 0 sia un evento unico, mai intrapreso prima da un atleta paralimpico: partenza dal livello del mare in bicicletta, cambio di assetto e scalata fino alla vetta nel minor tempo possibile, ritorno a quota zero.

Che cosa vedi nel tuo futuro?

Tante idee e progetti in mente, che non sarebbe sufficiente una vita per farli tutti. Il mio libro dei sogni è un romanzo infinito. Ho la fortuna di avere tantissime passioni, tantissima fantasia e voglia di fare, e questo è sempre stato il mio asso vincente! Quindi al momento, è vero, non ho in mente un’avventura dopo la quale mi fermerò. Ho in lista la salita di tutte le Seven Summit per esempio, le sette vette più alte dei 7 continenti fino a tornare ad altre nuove edizioni del From 0 to 0, magari anche fuori dall’Italia, e per finire alcune traversate importanti.

 

Per finire, nella vita ti sei ritrovato a dover affrontare un ostacolo che sembrava insormontabile, ma alla fine hai vinto tu. Che consiglio senti di dare a chi per un motivo o per l’altro non vede un futuro davanti a sé?

Appena fatte le prime protesi, provai ad arrampicare subito. Ma inizialmente ho fallito alla grande, quindi questa mia passione è stata messa in “stand-by”. E’ stata la mia “testardaggine” a volere continuare a provare fino a trovare delle soluzioni. L’ambizione, questo desiderio assiduo mi ha aperto la mente a nuove idee, nuove impostazioni del mio corpo che ad oggi mi hanno portato a pensare di scalare montagne altissime. Io credo che per una persona che come me si trovi ad affrontare un “intoppo” nel suo percorso di vita, questi tre requisiti siano fondamentali: ambizione, determinazione e saper sognare! Alla fine la montagna e l’alpinismo sono tornati prepotenti nella mia vita, perché l’ho sognato veramente tanto. Quindi, il consiglio che posso dare è quello di non smettere mai di farlo, né tanto meno di provarci.

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