Elisa Longo Borghini Abbiamo fatto due chiacchere con Elisa Longo Borghini. Campionessa italiana che corre per il team Trek-Segafredo.

Elisa Longo Borghini Abbiamo fatto due chiacchere con Elisa Longo Borghini. Campionessa italiana che corre per il team Trek-Segafredo.

Photo by Tim de Waele/Getty Images

Ciao Elisa, parlaci un po’ di te. A che età hai iniziato a correre? Chi ti ha regalato la passione per il ciclismo?

Ho iniziato a correre in bici all’età di nove anni, grazie a mio fratello Paolo che già praticava questo sport e che successivamente è stato professionista dal 2004 al 2014. La passione specifica per il ciclismo me l’ha passata dunque mio fratello, ma in famiglia siamo tutti sportivi. Mia mamma è stata sciatrice professionista e olimpionica. Ho sempre fatto attività sportiva, fin da piccolissima. E’ nel mio DNA. Insieme alla bici ho praticato sci di fondo e corsa a piedi. Insomma, sono sempre stata una bambina davvero molto attiva.

 

Campionessa italiana in linea e a cronometro, bronzo alle olimpiadi di Tokyo e terza alla prima edizione della Parigi-Roubaix donne. Raccontaci le sensazioni di questi meravigliosi risultati ottenuti quest’anno.

Il Campionato italiano a cronometro è stato sicuramente difficile ma, paragonato alle altre corse, è stato il risultato più semplice da ottenere. Conoscevo il percorso, avevo il mio “pacing”, conoscevo le mie avversarie e sapevo che era un percorso adatto a me: dovevo solo dare il 110%.

Per quanto riguarda il Campionato italiano su strada, è stata tutta un’altra storia. Il percorso era ondulato ma non durissimo. Ho dovuto conquistare la vittoria con i denti. Me la sono sudata fino all’ultimo e questo l’ha resa davvero speciale.

Le Olimpiadi sono state conferma e sorpresa allo stesso tempo. Sapevo che avrei potuto puntare ad una medaglia, ma sentivo anche la pressione di doverci riuscire. Quando vinci una medaglia alle Olimpiadi, tutti si aspettano che a quelle successive ti riconfermi. Ma questo non è affatto scontato. Anzi, forse è la cosa più difficile. Sapevo che avrei potuto fare una bella gara e ottenere un risultato, ma c’erano tantissime altre atlete in gara con la stessa consapevolezza e motivazione. Ho giocato l’unico jolly che avevo, seguendo il mio istinto. Questo è ciò che mi ha trasmesso un senso di sorpresa. E’ stata un’emozione indescrivibile, inattesa.

La Paris-Roubaix come “La Storia”. E’ stata la prima edizione ed è stata epica. Vedere Lizzie sul primo gradino del podio per me è stato davvero bello. Lizzie è classe, stile, istinto e semplicità. Il mio terzo posto è stato solo la cornice di quella che è stata una giornata memorabile per la Trek Segafredo.

Photo by Tim de Waele/Getty Images

Ora sei l’atleta italiana di riferimento su strada. Stai andando forte dall’inizio dell’anno, quali sono i segreti per essere così costante nonostante un calendario di corse così impegnativo?

Sinceramente, non credo che ci sia un protocollo generale che funziona per tutti, è una cosa molto soggettiva. Per quanto mi riguarda, insieme al mio preparatore Paolo Slongo, cerco sempre di bilanciare i carichi di allenamento e di staccare mentalmente quando sono a casa. Il successo nasce spesso dal proprio equilibrio personale. Ho imparato che, per me, essere serena e tranquilla insieme alle persone a me care vale quanto due giorni di riposo completo. Poi, avere la mente “leggera” mi aiuta molto: riesco a scaricarmi completamente per poi ritornare in pieno focus per le competizioni.

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Sei completamente soddisfatta della tua stagione o c’è anche qualche piccolo rimpianto?

Complessivamente sono soddisfatta. Mi rimane solo un po’ di rammarico per il Giro d’Italia Donne. Avevo altre aspettative, alla partenza, ma alla fine bisogna anche accettare che nell’arco di otto mesi di stagione ci possono essere delle cose che non vanno esattamente come vorresti. Il Giro, però è stata la chiave per vincere la medaglia alle Olimpiadi. Di questo ne sono convinta. Tutto sommato, dunque, non mi posso lamentare!

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Il movimento ciclistico femminile sta crescendo molto, come è sapere di essere un esempio anche per tantissime ragazzine che si approcciano per la prima volta a questo sport?

Per me è un grande onore ma, soprattutto, vivo questo fatto con grande senso di responsabilità. Le ragazzine magari mi osservano e spero che in me vedano soprattutto un buon modello da seguire come persona. Perché in fondo, prima di essere corridori, siamo persone.

Cosa manca al ciclismo femminile per fare il definitivo salto di qualità?

Direi che non manca molto per “sbocciare”. E’ a chi non crede in noi che manca qualcosa. La visibilità è fondamentale e di conseguenza le dirette TV sono importantissime così come le versioni al femminile delle grandi classiche e delle squadre World Tour. Questi, a mio parere, sono i due aspetti sui quali serve dare priorità.

 

Ormai da qualche anno fai parte del progetto Trek-Segafredo. Raccontaci qualcosa sul Team e sulle biciclette che utilizzi quotidianamente.

In Trek mi trovo bene, è diventata quasi una famiglia. Qui, prima di essere una atleta, sono considerata come una persona e questo fa una grande differenza. Non siamo numeri.

In squadra utilizzo principalmente il modello Trek Emonda, più leggero e versatile rispetto alla Trek Madone, un telaio più rigido, adatto più ai percorsi pianeggianti e alle volate. Per alcune classiche quest’ultimo sarebbe perfetto, ma noi ragazze siamo relativamente leggere e anche le più veloci alla fine scelgono spesso Emonda.

 

I tuoi obiettivi e i tuoi sogni futuri?

A dirla tutta, in questo momento mi sono “imposta” di riposare e fare un reset in vista della nuova stagione. Il 2021 è stata una stagione molto intensa. Ricca di soddisfazioni ma altresì impegnativa. Mi sono goduta una visita a Waterloo, presso la casa madre, e ora staccherò un po’ da tutto. Sul 2022…. diciamo che non è da me accontentarsi, pertanto vorrei provare a migliorare ancora. Magari, vincendo una grande classica.

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